Dentro Caravaggio. In mostra a Milano

E’ stato il dominatore assoluto della pittura del ‘600, ovunque abbia lavorato ha lasciato una traccia profonda con i suoi chiaroscuri e il suo senso del dramma. Nella sua breve e burrascosa vita ha calibrato su di sé un’attenzione sempre più morbosa, fino alla consacrazione a genio dell’arte avvenuta nel ‘900.
Michelangelo Merisi torna a casa e la città di Milano lo celebra attraverso la mostra “Dentro Caravaggio”, in programma fino al 28 gennaio 2018 al Palazzo Reale. Un’esposizione unica non solo perché presenta al pubblico opere provenienti dai maggiori musei italiani e stranieri, ma perché, per la prima volta le tele sono affiancate dalle rispettive immagini radiografiche che consentono al pubblico di seguire e scoprire, attraverso un uso innovativo degli apparati multimediali, la progressione del lavoro dell’artista, dal suo pensiero iniziale fino alla realizzazione finale dell’opera. Ecco quindi che si scopre come, al di sopra del disegno preparatorio, curato nei dettagli con attenzione quasi morbosa, Caravaggio disegna con la luce, gioca sapientemente con il chiaroscuro, cerca l’equilibrio perfetto e modella il dipinto come se stesse curando uno spettacolo teatrale. La mostra è un percorso che racconta la maturazione artistica del pittore. Si comincia dall’ammirare i lavori d’esordio e si arriva a quelli dipinti in età adulta.
Nell’opera Riposo durante la fuga in Egitto (1597) il personaggio che si nota immediatamente è l’angelo che suona il violino; alle sue spalle c’è San Giuseppe che con estrema umiltà ha in mano uno spartito sul quale straordinariamente è stato riconosciuto il Cantico dei Cantici. Nella penombra si vede l’occhio stupito, quasi stordito, di un asino che ascolta la celestiale musica. Per disegnare le grandi ali dell’angelo, Caravaggio, sempre attento a rappresentare la realtà, riproduce le ali nere di un’aquila. Più avanti la vergine è una giovane popolana dipinta in una posizione che Caravaggio aveva visto in alcuni quadri di Correggio. La tela del San Giovanni Battista di Kansas City (1604) stupisce e incanta per il suo realismo. L’espressione del giovane è pensierosa, scura, quasi tetra. Si percepisce un senso di caducità che probabilmente rispecchiava i pensieri dell’autore in questa fase della vita. Il grado di realismo usato dal Caravaggio venne da molti confuso con un’estrema umanizzazione delle storie del Nuovo Testamento. La Chiesa cattolica all’epoca temeva che una rappresentazione troppo umana del Cristo, di Maria o dei Santi, portasse la gente a considerarli come persone reali, senza quell’infusione divina propria degli archetipi. Per questo molto spesso ci furono delle opposizioni nei confronti dell’arte di Caravaggio. In qualche modo la Chiesa temeva la forza del messaggio che l’artista imponeva con le sue tele. Ad esempio nel dipinto Flagellazione di Cristo (1607) la figura di Gesù è profondamente umanizzata e mostra senza veli l’orrore della sofferenza. Caravaggio non è stato un pittore di simboli, ha mostrato solo il vero davanti ai suoi occhi. Ha portato nella sua arte la sua esistenza, il suo essere profondamente uomo. Ha dipinto come ha vissuto. Ha dipinto se stesso. Un uomo di pennello e di spada. Nella sua pittura si vede la luce, ma anche il buio. Non è stato certamente il primo ad utilizzare il chiaroscuro, ma senza dubbio è stato l’unico ad utilizzarlo in una maniera del tutto radicale. La sua grandezza risiede nel suo essere stato un uomo capace di cambiare il linguaggio della pittura. La verità, il Caravaggio, la raggiunge attraverso la luce che colpisce qualsiasi cosa incontri nel suo fascio senza alcuna gerarchia. Si racconta che in una notte, durante il suo soggiorno a Roma, il pittore fosse stato catturato dalla luce delle torce che si rifletteva nei vicoli della città; fu da quel momento che Caravaggio scoprì il grande mistero della luce artificiale che può essere usata come vuole e quando vuole, diventando un cineasta a tuttotondo; egli sceglie i personaggi, li veste con determinati costumi, allestisce la scenografia, determina l’illuminazione e la composizione. Luce, teatralità, realismo, nessun pittore della sua epoca sembra altrettanto attuale, nella libertà delle scelte espressive, nel taglio delle composizioni, nella drammaticità delle rappresentazioni. Oggi più che in passato si ha la percezione della modernità del Caravaggio. Si esce dalla mostra con una consapevolezza molto più forte e molto più profonda di che cosa ha rappresentato il genio creativo di Caravaggio. L’immagine che rimane negli occhi non è tanto quella di una singola opera, ma della complessità e della vastità di questo grande maestro dell’arte italiana.
Arch. Giusy Pomposelli
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